Rivista Italiana di Teosofia
È uscito il numero di settembre-ottobre della Rivista Italiana di Teosofia.
L’editoriale è curato da Riccardo Scarpa e riprende il tema del 109° Congresso Nazionale della S.T.I., svoltosi nel mese di giugno a Cervignano del Friuli (UD).
“La sublime armonia, bellezza della vita” ispira in Scarpa un collegamento, reale e intuitivo a un tempo, con due testi del passato: il primo, pubblicato in lingua greca a Venezia nel 1782 da Nicodemo l’Agiorita e Macario di Corinto con il titolo “Filocalia”; il secondo, pubblicato nel 1830 da Girolamo Venanzio e titolato “Callofilia”.
In “Filocalia” l’autore raccoglie un’antologia di brani attraverso cui si insegna una tecnica psicofisica di meditazione e pneumatica di preghiera per raggiungere l’armonia dell’anima e la luce dello spirito. Il testo di Girolamo Venanzio è invece totalmente dedicato all’amore del bello.
Nella parte conclusiva dell’editoriale l’autore riprende il simbolismo della foresta e del rapporto di quest’ultima con i druidi, ricordando altresì che: “A meridione di Aquileia sorge Beligna, località in cui vi fu un santuario d’Apollo Belenus, divinità del sole e della luce, la quale genera quest’armonia dell’anima col mondo e col divino che lo trascende. Così l’armonia sensibile del bello si trasforma nella pratica operativa, e operante, dell’anima meditante e orante, e si abbevera dello spirito, che tutto trascende nell’eterno, preparandosi a proseguire il viaggio”.
Il saggio breve di Sandro Orlandi Stagl - architetto, curatore di mostre e art director che coordina un gruppo di artisti che si riconoscono nei valori dell’arte etica - riesce mirabilmente a mettere a fuoco il rapporto, moderno e contemporaneo, fra Arte e Teosofia.
Dopo aver ricordato che “è ormai riconosciuto che il pensiero teosofico moderno ha avuto un ruolo determinante nella formazione e nello sviluppo dell’arte del ‘900” e che “numerosi artisti, di correnti e stili diversi, si sono interessati alle idee della Società Teosofica e alcuni di loro ne hanno anche fatto parte”, l’autore passa ad approfondire una serie di casi concreti, a partire da quelli del pittore inglese Reginald Machell (1854-1927), di Odilon Redon (1840-1916) e Arnold Bocklin (1827-1901).
Dopo essersi soffermato sui futuristi Umberto Boccioni e Giacomo Balla, Orlandi Stagl analizza il rapporto fra l’arte di Hilma af Klint (1862-1944) e la Teosofia, per arrivare poi a Vassili Kandinsky (1866-1944), Piet Mondrian (1872 -1944), che della Società Teosofica è stato anche un importante esponente, e a Jackson Pollok (1912-1956).
Il testo non trascura anche il fatto che “tanti altri personaggi famosi in diverse discipline mostrarono la loro propensione per le idee teosofiche, fra cui gli scrittori James Joyce, D.H. Lawrence, Henry Miller, il giallista Sir Arthur Conan Doyle (l’autore di Sherlock Holmes), il musicista Gustav Mahler, il cantante Elvis Presley, l’attrice Shirley MacLaine, l’inventore Thomas Edison, l’educatrice Maria Montessori ecc.”.
In conclusione Orlandi Stagl ricorda i versi della poesia di Antonio Pessoa (1888-1935) titolata “Tabaccheria”: Non sono niente / non sarò mai niente / non posso voler essere niente / a parte questo, ho dentro di me tutti i sogni del mondo”.
Invece nel suo articolo Pedro Oliveira approfondisce il tema della “probazione”, che fa diretto riferimento al rapporto fra Maestro e allievo.
Il supporto concettuale gli viene fornito dal punto di vista di T. Subba Row relativo allo sviluppo occulto e spirituale. Scrive T. Subba Row: “Questa filosofia riconosce due vie, entrambe con lo stesso fine: una gloriosa immortalità. Una è il sentiero naturale e regolare del progresso attraverso lo sforzo morale e la pratica della virtù. Ne risulta una sicura crescita dell’anima, naturale e coerente … e questo è il percorso che Sankaracharya raccomandava a tutti i suoi discepoli e successori. L’altra strada è il ripido sentiero dell’occultismo, che passa attraverso una serie di iniziazioni. Solo poche nature particolari e specialmente organizzate sono adatte a questo sentiero”.
Il caso concreto analizzato da Oliveira è quello di Edmund W. Fern, che era il segretario di A.O. Hume e che fu accettato da un Mahatma come chela in probazione. Le vicende legate all’esperienza di Fern consentono all’autore di analizzare profondamente il senso dell’esperienza di un chela e del suo rapporto con il Maestro: “Sebbene sia un processo formativo, l’adeptato comporta una verifica e un accertamento continui della natura interiore e morale del candidato, così da controllare che egli o ella possa riuscire a integrare la propria coscienza sulla base sia della stabilità sia dell’altruismo”, senza dimenticare che “uno dei punti importanti che riguardano lo stadio probatorio è quello di mettere le persone in stretta relazione, così che tirino fuori reciprocamente le loro virtù e i loro difetti”.
In conclusione Pedro Oliveira osserva che: “Nella storia della S.T. un certo numero di teosofi è stato messo alla prova, ciascuno a confronto con la propria natura personale e, nonostante molte difficoltà e lotte interiori, fu in grado di emergere da tali verifiche con una costante e incrollabile dedizione alla causa della Teosofia. Questi divennero pilastri dell’edificio teosofico. Forse ciascuno dei lavoratori sinceri della S.T. potrebbe dover affrontare prove similari, come molti altri prima, ora o nel futuro”.
Ricordiamo che questi articoli sono disponibili nella sezione "Spunti di riflessione" del sito (https://www.teosofica.org/it/materiale-di-studio/spunti-di-riflessione/,6)
La parte finale della Rivista è, come di consueto, ricca di testimonianze, informazioni, recensioni.
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